… alla immensità dell’essere che
sogna.
Procrastinare il tempo della resa
fra sguardi che scrutano il mio
umore
e il tempo fuori che dicono
influisce
anche sulla specie umana
non è un dolore che mi ammorbidisce,
un modo di sentirmi voluto bene
più di quello che merito, che voglio.
Se non arrivasse mai sarei eterno
e più del tempo in cui trovo il
mio
che mi cambia di giorno in giorno
assieme alle cose che mi piace di
fare,
che sento connaturate al mio
sentire.
Se non arrivasse mai sarebbe un proseguire
dove intendo per essere cosciente
del non sapere che si approssima
al sentire di una smisurata
eternità
che anche se non mi è lecito
capire
non finirà mai più nel divenire
delle regole del gioco che ogni
fuoco
vuol che si consumi a poco a poco
o tutto a un tratto col fragor di
un botto.
Semplicemente mi sento a un
precipizio
prossimo dove approntar le ali
per lo sfizio di volare fino al
mare
e poi negli abissi come il pesce
più grande
che resiste ai fondali più recessi
provando la vertigine che porta
alla immensità dell’essere che
sogna.
Gioacchino Ruocco
13.09.018 Ostia Lido
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