Il
colore della vita.
Non ho
capito ancora
di che
colore son le tue parole,
le
idee dei giochi che tu fai.
Se
quando corri dove vuoi arrivare.
Sotto
quell’albero
con le
foglie gialle
come
se fosse autunno
o
sotto a quello con le foglie verdi
per ritrovar
l’idea del tuo passato
quando
gli asini erano tanti,
e ragliavano
felici
come
santi in paradiso,
mordicchiandone
le foglie appetitose.
Le
rose destinate alle farfalle
e ad
altri insetti
provetti
nel produrre il miele.
Mi
sento il fiele in bocca
quando
non so dir qualcosa
che
abbia odor di rosa o ciclamino.
Sembro
un bambino spiritoso,
ma il
mio cuore quando non riposa
mi fa
sentire male,
quell’odiosa
cosa
che si
chiama accidia
che è
l’invidia a darmela
quando
pauroso di sbagliare
mi
condanno da solo a studiare
con
animo tranquillo
senza
pensare allo spillo
che mi
punge
quando
il birillo non cade
e mi
mancherà la luce del sapere
o il
bicchiere che mi disseta
ricordandomi
i
bachi da seta che la fanno.
A che
mi serve il voto
se mi
fa il vuoto intorno
e mal
volentieri torno a casa
che
sarà rasa al suolo
se
verrò bocciato.
Gioacchino
Ruocco
29.10.018 Ostia lido
Si parla tanto di sostituire la valutazione numerica di una prestazione
scolastica con qualcosa, come i colori, di meno opprimente ed indicativo
del livello di apprendimento.
La cosa non mi sorprende e non mi meraviglia. Ogni epoca si inventa le proprie regole, ma di punto in bianco mi è scaturita la poesia di cui sopra
che paventa quello che ancora succede nel rapporto tra diritto e dovere, tra formazione e prestazioni professionali di cui oggi, più di ieri, ci lamentiamo quando i risultati sono insufficienti e determinano, a volte, avvenimenti disastrosi che configurano reati penali.
Gioacchino Ruocco
30.10.018 Ostia Lido
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