Cosa mi dovrà succedere ancora
non lo so,
come fino ad un attimo fa non
sapevo
che avrei incominciato a
scrivere questi versi.
Quello che voglio nel concreto
resta ancora
un mistero per me come penso per
te
anche se tu che sei donna mi dici
di sentire
quello che ti arriva addosso,
felicità o pianto.
Io no, avverto solamente quello
che è giusto da fare
senza la presunzione di imporlo
agli altri.
Ognuno di noi deve essere
cosciente e presente
a se stesso e rispondere di
quello che fa.
Poveri figli miei che non
l’hanno ancora capito
e non riesco a farglielo capire.
Forse pensano che scrivendo
versi sento soltanto
il mio cuore che mi attraversa
il petto e mi fa vivere.
Ma non so perché scrivo di me di
cui mi accorgo appena,
di cui mi meraviglio e mi
stupisco quando penso.
Credo che tutto mi arrivi da
altrove che non so dove si trovi.
Come uomo posso soltanto pensare
a un altrove
e a un dio come una mamma che mi
ha generato,
una scintilla che corre e che
inseguo ogni giorno.
Credimi, visto che tu stessa ti
meravigli,
se ti dico che sono figlio
dell’eternità,
una voce che spera di non
trovare mai pace,
che la tempesta che è fuori è
soltanto
il dolore necessario al passare
dei giorni,
al rivoltarsi dei campi per
rifiorire.
Andrà a finire per chi non
spera,
per chi non ha senso delle cose
che vive
e convive col tempo
come un mistero inopportuno e
incapace
di avere una voce per tutti.
Gioacchino Ruocco
Ostia Lido 17/11/2014
Inserita nella raccolta “Film del quotidiano”
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