Il frastuono
che la mente ottunde
e porta danni inevitabili all’udito
è come il prurito della pelle
dopo il sudore.
È sempre prevedibile come
uno sciame di vespe che
aggredisce
chi gli passa a fianco.
Era uno sciame anche il
terremoto
con i suoi brividi dalle valli
al monte.
Ogni giorno bollettini di
guerra.
Prima o dopo sarebbe capitato
un po’ a chiunque perdere qualcosa
col pianto agli occhi.
Chi non ha paura è l’incosciente
che perdura nella tesi
che tutto finirà con la pastura
a valle
buttandosi alle spalle il
terrore
delle notti folli all’addiaccio.
Anche la morte prevista da sempre
sembrò imprevedibile a qualcuno
secondo il paradigma del fare
leggendo libri che parlano di
storia
senza un resoconto del momento
estremo.
Tremò la terra forse mille volte.
mille volte non cadderò per
terra
le cose che tremavano.
Non fecero in tempo a fare
ancora calcoli.
La fatica accorciò tutto all’istante
di un dolore men duro e cadde
quello che non era mia caduto.
Piegò il ferro ed il cemento
polvere.
Quella notte che passò la morte
sembrò un tripudio all’imprevedibile,
a quello che si dice e non si
avvera
anche se la morte passerà di
sera
anche domani.
Gioacchino Ruocco
Ostia Lido 08/09/2014
Per “Aquila forever”
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