Si può dire che son rinato alla
vita,
dopo una guerra funesta e
sacrilega,
con le voci che dalla radio arrivavano
in casa di nuove tristi battaglie
ogni giorno nel nostro paese
ognuna con le proprie ragioni.
Diventò un rosario di morti,
una storia di indicibili e atroci
mestizie
che ben presto diventò una croce
che faceva più male della guerra
passata.
Sembrava il racconto di vili
che a distanza, sparando nel
mucchio,
portavano a dire
che al male non c’era mai fine
nei confini apparenti della nuova
realtà
e ognuno attirava al proprio
mulino
le ragioni per farlo girare
da sera al mattino seguente
quando ancora chiedeva impellente
la cronaca altra pietà pei delitti
recenti,
annunciati o impellenti…
Una storia a puntate che giorno
per giorno
acquistava contorni inquietanti
più dei tanti e tanti appena
vissuti,
ancora indecenti nei risultati
riassunti
fino alla noia, di un racconto tra
i denti
di memorie che spente o sopite
sarebbero ancora tornate per dire,
per farci del male ad ogni stagione.
Se c’era qualcosa da fare
era quella di trovar la coscienza
mancante
tra le tante cose da sistemare,
tra i conti non fatti, lasciati in
sospeso ancor oggi.
Se i morti hanno sempre ragione
e i campi papaveri rossi di sangue
questa storia resta esangue e
vigliacca
per la ceralacca che sigilla gli
orrori.
Le paure tornavano a galla
e il bambino che ricordava le
bombe
riprendeva a tremare per
l‘incoscienza
e l’impenitenza dei tanti, come
gesta
di un antico racconto, diventavano
anch’essi eroi
di fiabe con durlindane a tagliar
le montagne.
Gioacchino Ruocco
01,05,017 Ostia Lido
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