in cui le Avemmarie
hanno un sapore che si confonde
col sacro e col profano
dei gesti e della memoria
che in attesa di una storia
scritta
può essere creduta
in quanto uguale ad altre
che hanno avuto spasimi di guerra
e i segni del lavoro
che non dava pane
ma altre pene
per sudare quei pochi soldi
che portavano a un animo pulito
il sapore delle sue feste.
Ogni sera era un sol rosario
con le cadenze delle litanie,
del pane risparmiato
per chi ne aveva fame più di
noi,
dei nostri rimpianti
abbandonati dopo appena nati
privati della vita e del sudore
e dei dolori che ci rendevano
vivi
per sognare un domani migliore,
ancora presi nella fiamma attiva
dell’amore che ha sempre fede
raccomandando a Dio
quello che ha di più sacro.
Avevo ereditato dalla terra
il profumo del pane, della
primavera
quando le gemme come un
ricordare
schiudevano i boccioli sotto il
sole
per diventare frutti di stagione
sprizzando vite forti e
rigogliose
assaporando una linfa generosa
di un languore antico,
di un calore lavico latente
e di richiami dall’aria
maliziosa
confusa tra la riva ed il Vesuvio.
Non c’era niente intorno a
recitar veleno,
nella natura la sostanza vera
di un sostantivo ch’era forza e
vita.
Gioacchino Ruocco
Ostia Lido 31/03/2015
Inserita nella raccolta “Odi ed
odii”
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