da quando ti ho visto
in piedi nel Duomo di Milano
ai funerali della Merini.
Sull’attenti,
come un chiodo fisso,
il tuo dolore era li presente
stordito dall’evento di una
perdita
per te incommensurabile
che dai navigli
naufragavi al Duomo
come un uomo solo
nella tempesta.
Altri funesti giorni
avevi già vissuto
ma desto eri ancora
nella tua misura di artista
che non si rassegnava alle
commesse
alle desiderate.
Se oggi mi dicessero
che non ragioni più
che la tua arte ha perso i
sentimenti
darei la colpa al dio
dei fratelli di fede
o alla Merini
che tanto aveva preso a cuore il
tuo destino
di artista e tu il suo,
come un figlio minore,
amico del suo cuore
di donna mortificata
dai tanti amori sbagliati
desiderati fino alla follia.
Non c’era niente di sbagliato.
Ma erano tempi diversi
e ad ognuno il suo
con i lasciati e persi o non
adoperati
se non per disperarsi della
sorte
che pure dava scampo alle
memorie,
al desiderio di una vita piena.
Io sarei passato
qualche sera a salutarla,
ma mai a piangere assieme
i mie peccati con i suoi disperati
e disperanti di donna allo
sbando,
di anima folle, persa ma non
rassegnata
al metro del verso.
al metro del verso.
Gioacchino Ruocco
Ostia Lido 20.07.016
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