Sto studiando
per ampliare il suono
per portare la mia voce
all’infinto
per toccarlo col dito della
creazione
per farlo più piccolo,
meno smisurato di come sembra
oggi.
Ti perdo e ti ritrovo,
per i miei gusti, dietro
l’angolo,
nelle ombre della casa,
nella penombra della sera,
anche senza occhiali,
a volte all’improvviso
quando sono preoccupato
di non trovarti più.
E tu , tu ne approfitti
subito con le tue richieste
per non perdere,
appeso alla finestra,
l’ultimo chiarore della sera.
Son io che perdo tempo,
tu mi trovi
quando ti pare e piace,
son io l’incapace
che vuole ridurre l’infinito
alla nostra casa
dove ogni cosa pesa,
ha il suo spessore
almeno un quarto d’ora
anche per me.
Gioacchino Ruocco
Ostia Lido 03.03.016
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